Uno dei più importanti autori del Novecento teatrale cinese è Cao Yu (nato nel 1910): nel 1935 ottenne un grande successo con Il temporale (Leiyu), una tragedia imperniata su conflitti familiari che i critici addebitano all’influenza degli Spettri di Ibsen (ma la cosa è discutibile). La storia è complicata e abbastanza tipica del periodo.
Il giovane figlio di una ricca famiglia si innamora, riamato, della giovane domestica di casa. La madre di lei, cui capitò la stessa cosa e cioè di innamorarsi del padrone e averne una figlia illegittima – che è poi la giovane domestica, mentre il padrone è anche il padre del giovane -, la mette invano in guardia. Le sue parole e la sua esperienza non servono a nulla: i due giovani, contrastati anche dalla matrigna di lui, innamorata del figliastro, per realizzare il loro sogno d’amore decidono di fuggire.
Ma la caduta di un cavo elettrico durante un temporale stronca le loro vite.
Nei drammi degli autori cinesi del primo Novecento la trama è sempre piuttosto complessa, all’interno di famiglie allargate, di tipo ancora confuciano, grandi famiglie dove c’è sempre un giovane che s’innamora della seconda o terza moglie del padre o, meglio, della serva più carina, dove c’è sempre un figlio o una complicazione in più e dove l’amore è sempre perdente. E accanto a queste storie intricate e attorcigliate, non manca mai una buona dose di ingenuità espressiva e di scrittura, dovuta più che altro alla fase di gestazione del nuovo teatro: non bastava conoscere Shakespeare, Cechov, Gor’kij e O’Neill, nulla poteva essere inventato, tutto andava costruito e maturato. Il momento migliore di Cao Yu rimane comunque Gente di Pechino (Beijing ren), un dramma del 1940, sullo sfaldamento dell’ordine confuciano, un tema che ritornerà anche in Famiglia (Jia), riduzione da un famoso romanzo dello scrittore Ba Jin (1904 – ?, fig.1).
